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SALEMI

Colline, vigneti, uliveti, caratterizzano Salemi, nel cuore della valle del Belice. Il piccolo comune, situato sul sito dell’antica città elima di Halyciae, si raccoglie attorno al castello normano-svevo, dal cui terrazzo, merlato da una torre circolare, si apre un panorama mozzafiato.
Sulla sommità della suggestiva fortezza, da dove è possibile intravedere l’azzurro del mare, nel 1860 Giuseppe Garibaldi, issando la bandiera tricolore, ha proclamato Salemi “capitale di Italia”. Accanto al castello, l’antico duomo di San Nicola di Bari, custodisce tracce di popoli e vicende del passato, che hanno contrassegnato Salemi: romani, arabi, il terremoto del ’68.
A pochi chilometri dal borgo, c’è il sito preistorico di Mokarta, di grande interesse archeologico per le tracce di un villaggio con la sua necropoli. Sono innumerevoli le architetture religiose, incastonate tra caratteristici vicoli, che è possibile scoprire passo passo, percorrendo il centro storico del borgo. Sono da visitare, all’interno del collegio dei Gesuiti, i Musei Civici e il “Museo della Mafia”, dedicato a Leonardo Sciascia. Salemi si presenta come uno scrigno prezioso, tra natura e storia, all’interno del quale trionfano le tradizioni. La più nota è quella “dei pani”: il 19 marzo, in occasione della festa di San Giuseppe, vengono presentate le “cene”, altari in legno dedicati al Santo, impreziositi con arance, limoni e “ciddureddi”, i pani appunto, realizzati artigianalmente a forma di animali, piante e oggetti da lavoro.
La tradizione del pane salemitano è talmente sentita, che gli abitanti, per la maggior parte delle festività religiose, fanno pani diversi, come “i cuddureddi”, “i cavadussi”, espressione di devozione e abilità certosina, da apprezzare anche all’interno del “Museo del pane rituale”.
A Salemi, inoltre, si possono ancora ammirare la tipica tessitura dei tappeti al telaio, i ricami siciliani e l’uso della pietra “campanedda”.

La bellezza di Salemi è raccontata dalla genuinità dei suoi prodotti: vino, grano, olio e agrumi. Materie prime, semplici e autentiche, della tradizione contadina, sapori che vengono esaltati nelle prelibatezze locali.

VALLE DEL BELICE

La valle del Belice, prevalentemente collinare, si estende lungo l’omonimo fiume,  tocca le province di Palermo, Trapani e Agrigento. Nel 1968 la zona fu colpita da un terribile terremoto che segnò la maggior parte dei comuni della valle.

Gibellina
Un grande museo di architettura a cielo aperto.
Per la ricostruzione della città l’ex sindaco Corrao decise di chiamare a Gibellina diversi artisti tra cui Alberto Burri che “congelò” nella memoria sotto a una grande colata di cemento, tutto il vecchio centro abitato in quello che è conosciuto come il “cretto di Burri”, una delle opere di land art più estese del mondo. Fra gli artisti che risposero alla domanda ricordiamo Pietro Consagra, Mario Schifano, Arnaldo Pomodoro, Mimmo Paladino, Carla Accardi, Leonardo Sciascia e molti altri. Da visitare la Chiesa Madre di Ludovico Quaroni, la piazza del comune, la Torre Civica e il sistema delle piazze progettato da Franco Purini e Laura Thermes.

Santa Ninfa
L’edificazione della cittadina cominciò nel 1605 per volere di Luigi Arias Giardina ed è stata chiamata così in onore dell’omonima martire, patrona della città, la cui festa si celebra il 12 Novembre. Col passare degli anni vennero eretti edifici quali la chiesa Madre, il Convento di terz’ordine di San Francesco, il palazzo Padronale, la chiesa di Sant’Anna e la chiesa di Sant’ Orsola.
Gran parte del paese fu distrutto dal terremoto del 1968, per non dimenticare è stato istituito il “percorso della memoria”.
Nella località di “Finestrelle” è possibile invece ammirare un sepolcreto Sicano.

Castelvetrano
E’ il più grande centro della Valle del Belice e nacque in seguito alla conquista normanna e il popolamento da parte dei contadini del borgo che man mano si andava espandendo.
Tra la fine del Quattrocento e il Cinquecento la città si arricchì di opere d’arte e divenne prima contea e poi principato con Filippo II.
La città insorse inoltre ben due volte durante il Risorgimento e nel 1860 in molti cittadini si unirono ai Mille di Garibaldi.

Poggioreale
Sorse nel 1642 per mano di Francesco Morso, marchese di Gibellina che ne divenne principe l’anno successivo.
Dopo il terremoto, le case distrutte non furono ristrutturate e la città nuova venne costruita alcuni metri più avanti.
La vecchia città è importante attrattiva turistica, nota come “la città Fantasma”. Percorrendola infatti è possibile imbattersi in spaccati di abitazioni come congelati al tragico momento, cucine e stoviglie sui tavoli, automobili parcheggiate e frammenti di vite spezzate in ogni dove.

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